L'incidente fondatore di Marinetti

La cinque cavalli corre sempre di più. Lo scrittore italiano Filippo Tommaso Marinetti si lascia inebriare dalla velocità. Spinge il motore a piena potenza. Una grande nube di polvere si forma dietro la macchina. "Avanti, avanti!" grida il conducente con lo sguardo impazzito.

Marinetti ha le idee chiare: "L'arte del futuro uscirà dalle nostre teste così come dal cofano di questo veicolo geniale! Il XX secolo sarà veloce, impaziente e brutale. Bisogna liberarsi dalla pesantezza della noia con la corsa dei bolidi. La nostra ispirazione prenderà la sua fonte nel rumore dei motori spinti al massimo."

 


 

Dopo una prima curva abilmente negoziata, alla seconda sorge un imprevisto: due biciclette avanzano lentamente davanti a lui. Marinetti realizza in un istante che il suo veicolo è lanciato a tutta velocità verso i ciclisti. Una brusca sterzata per evitarli. La cinque cavalli sbanda, si ribalta e finisce in un fossato pieno di fango.

Lo scrittore è scaraventato nel canale e trascinato verso il fondo dalla pesante automobile che lo immobilizza sotto l’acqua sudicia. Sensazione umida e gelata. Forte dolore nei muscoli delle gambe incastrate sotto il volante storto. Marinetti soffoca, la bocca piena d’acqua sporca. Un momento di panico, un tentativo di grido: nulla può uscire dalla profondità del fosso.

Impossibile liberarsi.

Lasciarsi andare, piano, verso la fine. Una morte a 31 anni come pilota di un’automobile? Il freddo intorpidisce ed attenua le terribili fitte nei membri inferiori.

Marinetti ripensa a suo padre che gli voleva insegnare la natazione buttandolo in acqua. Pungente ricordo d’infanzia. Ha imparato a nuotare ma non grazie a questo metodo brutale. Si è fortificato senza. I pugni di Marinetti si stringono dalla rabbia. Tutto ciò è troppo assurdo. Suo padre potrebbe vincere vent’anni dopo e mantenerlo in quest’acqua torbida, in questa umiliante posizione di un animale che si dibatte per sopravvivere?

Le braccia sono libere. Marinetti, sportivo, contrae i suoi bicipiti, raccoglie tutte le sue forze. Afferra ciò che sembra essere un ramo. Tira continuamente. Le sue gambe si storcono, resistono ma finiscono per liberarsi. La risalita verso la superficie si fa in un istante.

Lercio, ricoperto del sudicio liquido marrone, lo scrittore esce dal canale felice. Ancora una volta, la sua volontà di ferro ha trionfato. Ha vinto la sua paura, la figura paterna che lo sminuiva svanisce nell’ombra dei suoi ricordi. E’ sopravvissuto, più forte che mai. Alza le mani al cielo in segno di vittoria e giura di continuare a battersi.

Cambierà il mondo, farà uscire l’arte dai musei e dalle accademie. Rompere le regole, rifiutare la sottomissione alle abitudini sclerotizzanti, girare le spalle al passato, abbracciare la società delle macchine e dell'elettricità. Nulla potrà più toccarlo, adesso è immortale, il futuro gli appartiene.

Promesso, giurato. Stasera scriverà il suo manifesto, il suo testo pungente che immergerà le arti nella modernità. Stasera. Comporrà le sue righe con la stessa energia che l’ha tirato fuori da quell'incidente. Gli viene allora in mente questa frase che trova al tempo stesso provocante e geniale:
"Un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia"