Docufilm

Alla ricerca di Vivian Maier

Documentario sulla vita di Vivian Maier

Titolo originale: Finding Vivian Maier
Regia: John Maloof, Charlie Siskel
Montaggio: Aaron Wickenden
Fotografia: John Maloof
Musica: J. Ralph
Interpreti e personaggi: John Malooof, Mary Ellen Mark, Vivian Maier, Phil Donahue
Produzione: USA 2013
Durata: 84 min
 
Vivian Maier, una bambinaia che custodiva segretamente oltre 100 mila fotografie scoperte decenni dopo la loro realizzazione, è oggi considerata una dei più grandi fotografi del XX secolo. La strana vita della Maier e la sua arte si rivelano attraverso fotografie mai viste prima, filmati e interviste a coloro che pensano di averla conosciuta
 
 
 
 
 
Provate a immaginare di trovarvi ad un’asta, alla ricerca di materiale che possa aiutarvi a ricostruire la storia del vostro quartiere per la stesura di un libro. E di tornare a casa con una scatola tra le mani piena zeppa di negativi, rullini e circa 150 rulli a 8 e 16mm,senza sapere di essere appena entrati in possesso, per pura casualità, di uno dei tesori più preziosi della storia della fotografia di tutti i tempi.
E’ quello che successo al giovane regista John Maloof (Chicago) al quale va riconosciuto il merito, seppur casuale, di aver fatto luce sull’esistenza e il patrimonio artistico di Vivian Maier, fotografa nell’anonimato. Le oltre centomila fotografie ritrovate, hanno rappresentato il punto di partenza per una vera e propria caccia al tesoro, alla scoperta della donna che ormai rappresenta un solido riferimento per la streetphotography.
Nata nel 1926 a New York, Vivian passa il periodo della grande depressione in Francia per poi fare ritorno in America nel 1951 lavorando presso diverse famiglie come bambinaia. Segni particolari: una Rolliflex sempre al collo dalla quale non si separa mai, unica e fedele compagna di vita.
Da qui un incredibile documentario che nasce dalla collaborazione di John Maloof e Charlie Siskel alla scoperta della camaleontica Vivian attraverso le testimonianze (a tratti curiosamente discordanti) delle famiglie che hanno avuto l’inconsapevole fortuna di averla come tata. Ne vien fuori l’affascinante ritratto di una donna sola interessata più ad osservare ossessivamente gli altri,piuttosto che  soffermare lo sguardo sulla propria vita privata.
Attirata da storie bizzarre, curiosissima, difficilmente impressionabile, Vivian colleziona in maniera maniacale pile e articoli di quotidiani, ticket di ogni genere, oltre ad immortalare senza interruzione i “suoi bambini” e l’umanità della Chicago degli anni cinquanta/sessanta.
Si sposta di casa in casa, nelle quali viene accolta per ragioni lavorative, con la premessa di dover necessariamente portare con se la sua vita in innumerevoli scatole e valigie. Una presenza fisicamente ingombrante quasi a contrastare l’inesistenza in sostanza della sua vita privata.
Al di là alle interviste sono soprattutto i ritratti a svelare Vivian rappresentandone il suo specchio oltre che ad esaltare quella rarissima ed invidiabile capacità di riuscire ad entrare in empatia con i soggetti immortalati, avvicinandosi a tal punto da riuscire a rubarne un pezzo di anima.
Le esposizioni che oggi sono dedicate a questa grande maestra, rappresentano un lavoro incredibile di perfezione tecnica ed emozionale, dalle perfette composizioni e bilanciamenti. Produzione di una bizzarra donna, dalla presenza un po’ mascolina, dallo sciatto modo di vestire che agli occhi dei più era solo una tata (!).
Guardare questo documentario oggi porta inevitabilmente a ragionare sul concetto di condivisione dell’arte, considerando ormai quasi inscindibile la produzione artistica dalla diffusione al pubblico. Il genio di Vivian solo recentemente ha visto la luce; la sua passione e il suo talento sono rimasti un segreto per tutti questi anni, lasciandoci oggi con svariati interrogativi. Portandoci soprattutto a ragionare su un concetto di Arte più riservato che ha in primis il potenziale di aiutare a vivere meglio.
 

Cave of Forgotten Dreams

Titolo originale: Cave of Forgotten Dreams
Regia: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Fotografia: Peter Zeitlinger
Montaggio: Joe Bini, Maya Hawke
Musiche: Ernst Reijseger
Produzione: Francia, Canada, USA, Regno Unito, Germania 2010
Durata: 95 min
 
 
 
 
 
 
 
 
La grotta di Chauvet-Pont-d’Arc, nel Sud della Francia, ospita quelle che si pensa siano le più antiche pitture rupestri mai rinvenute. Scoperte solo nel 1994 sono inaccessibili al pubblico, perché si ritiene che la presenza umana possa alterare i valori dell'umidità del luogo e danneggiare queste pitture dal valore eccezionale. Si è discusso a lungo su chi dovesse essere il regista che facesse da testimone e che filmasse questa meraviglia per poterla rendere visibile a tutti e la scelta è caduta su Werner Herzog, che lavorando nel massimo rispetto del luogo, ha reso con cura i dettagli di questo luogo unico, servendosene per innescare una meditazione sull'origine dell'arte e su altri grandi temi collegati. 

La bocca del lupo

Regia: Pietro Marcello
Sceneggiatura: Pietro Marcello
Fotografia: Pietro Marcello
Montaggio: Sara Fgaier
Musiche: Nino Bruno, Marco Messina, Massimiliano Sacchi
Interpreti e personaggi: Mary Monaco (Mary), Vincenzo Motta (Enzo)
Origine: Italia, 2009
Durata: 68'
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Un uomo torna a casa, dopo una lunga assenza. Scende al volo da un treno in una livida città portuale. L’attraversa, cercando i luoghi di un tempo, ormai dismessi, che affiorano alla memoria nel loro antico splendore. Nella piccola dimora nel ghetto della città vecchia, l’aspetta da anni una cena fredda e la compagna di una vita. Mary in strada ed Enzo in carcere si sono aspettati e voluti sin dal tempo del loro incontro dietro le sbarre, quando ancora si mandavano messaggi muti, registrati su cassette nascoste.

La bocca del lupo è tecnicamente un documentario ma il genere, il formato, sono dettagli. Cinema puro punto e basta. Il film è dedicato a coloro che negli anni hanno filmato e raccontato la città di Genova.
La Bocca del Lupo ha vinto il Torino Film Festival 2009.