Praterie selvagge

Sentieri Selvaggi

Titolo originale: The Searchers
Regia: John Ford
Soggetto: romanzo di Alan Le May
Sceneggiatura: Frank S. Nugent
Fotografia: Winton Hoch
Musiche: Stan Jones, Max Steiner
Montaggio: Jack Murray
Scenografia: James Basevi, Frank Hotaling
Interpreti e personaggi: John Wayne (Ethan Edwards), Jeffrey Hunter (Martin Pawley), Vera Miles (Laurie Jorgensen), Ward Bond (Il reverendo Clayton), Olive Carey (Maria Jorgensen), John Qualen (Lars Jorgensen), Harry Carey Jr. (Brad Jorgensen), Ken Curtis (Charlie McCorry), Henry Brandon (Il Capo Scout), Hank Worden (Mose Harper), Dorothy Jordan (Martha Edwards), Walter Coy (Aaron Edwards)
Origine: USA, 1956
Durata: 119'

 

Finita la guerra di Secessione, Ethan torna a casa. Ritrova il fratello, la cognata, le loro due figlie Debbie e Lucy e il figlio adottivo Martin, di origine indiana. Un giorno arriva alla fattoria il reverendo Clayton con un gruppo di coloni e convince Ethan e Martin a unirsi a loro per dare la caccia agli indiani che razziano il bestiame. Ma mentre gli uomini sono via, i Comanches attaccano la fattoria, massacrano i genitori e rapiscono le due ragazze. Lucy è ritrovata morta; Ethan si mette alla ricerca di Debbie, insieme con Martin ...

5° western (su 17) di J. Ford girato quasi interamente nella Monument Valley (formato Vistavision) tra Arizona e Utah. Comincia su una porta che si apre sulla valle, la stessa che si chiude nell'immagine finale con Ethan Edwards, eroe della cause perse, che si allontana. J. Wayne alle prese con il più ambiguo dei personaggi fordiani, una figura di loner tormentato che rivela come anche l'universo del regista, in apparenza così trasparente, abbia i suoi segreti e i suoi abissi insondabili. Ethan Edwards va alla ricerca di sé stesso più che della nipotina Debbie, come per trovare una tranquillità interiore e purgarsi del selvaggio odio razziale da cui è ossessionato.

Jean Luc Godard disse, parlando di "The Searchers", che l'amore che si prova per Wayne quando solleva Natalie Wood nel finale "racchiude il mistero e il fascino del cinema americano".

Discorso a parte merita il regista. Grande autore populista, John Ford ha saputo raccontare la gente, la truppa, i contadini, i cowboy, gli uomini soli, gli uomini con altri uomini, e donne (prostitute o signore, pioniere o borghesi) di straordinaria solidità morale. Soprattutto nei western, ma non solo, anche se l'alternanza di commedia e poesia, di dolore e tenerezza era sempre la stessa. Faceva western. Lo disse lui stesso, negli anni Cinquanta, quando aveva già vinto i suoi quattro Oscar (per Il traditore, Com'era verde la mia valle, Furore e Un uomo tranquillo, nessun western), a un'assemblea della Directors Guild indetta dal potente Cecil B. De Mille nel tentativo di far dimettere il presidente in carica, Joseph L. Mankiewicz, sospetto di simpatie comuniste. Un sospetto che, in pieno maccartismo, stava rovinando molte carriere. De Mille e il suo gruppo parlarono per quattro ore. Alla fine, si alzò una mano: “Mi chiamo John Ford; faccio western. Credo che non ci sia nessuno in questa stanza che sappia meglio di Cecil B. De Mille quello che il pubblico americano vuole, e che sappia accontentarlo meglio. Ma...” e lo guardò dritto negli occhi (fu Mankiewicz a raccontarlo) “... tu non mi piaci, C. B. e non mi piace nulla di quello che hai detto stasera. Perciò, propongo che rinnoviamo il nostro voto di fiducia a Joe, e che ce ne andiamo finalmente tutti a casa a dormire”. L'assemblea seguì John Ford, il regista che faceva western e che aveva (e ci ha insegnato) il dono dell'onestà intellettuale.

Quaranta pistole

Titolo originale: Forty Guns
Regia: Samuel Fuller
Soggetto: Samuel Fuller
Sceneggiatura: Samuel Fuller
Fotografia: Joseph F. Biroc
Musiche: Harry Sukman
Montaggio: Gene Fowler Jr.
Interpreti e personaggi: Barbara Stanwyck (Jessica Drummond), Barry Sullivan (Griff Bonnell), Dean Jagger (Sceriffo Ned Logan), John Ericson (Brock Drummond), Gene Barry (Wes Bonnell)
Origine: USA, 1957
Durata: 80'

 

Jessica Drummond, che ha corrotto il vicesceriffo, è la più ricca proprietaria di Tombstone. Il suo potere è rafforzato dalla presenza di ben quaranta uomini alle sue dipendenze che la difendono e sorvegliano la sua proprietà anche con la forza. Un giorno arrivano in paese Griff Bonnell e i suoi due fratelli, agenti federali
che intendono riportare un certo equilibrio. Ultimo dei quattro western di Fuller, visionario, originale sino alla stravaganza. Adorato da Godard critico, in procinto di passare alla regia con A bout de souffle.

Con "La casa di bambù" è il film migliore del suo autore. Ogni scena, ogni piano di questo brutale e selvaggio western girato in cinemascope bianco e nero in meno di dieci giorni, nonostante un intrigo incomprensibile, è di una grandissima ricchezza inventiva e abbonda di idee registiche la cui audacia fa pensare alle follie di Abel Gance o di Stroheim, quando non puramente e semplicemente a Murnau. (Jean-Luc Godard) 

Film o partita?

Alternative:

  1. visione del film e della partita chissenefrega
  2. vediamo la partita e del film chissenefrega
  3. chissenefrega di entrambi