La bellezza scende in piazza

La bellezza scende in piazza

Un mondo migliore iniziò nel febbraio 1968 quando un gruppo di "dreamers" come li chiamerà Bernardo Bertolucci, manifestarono davanti alla Cinémathèque di Parigi. Nel febbraio di quell'anno, Malraux (ministro della cultura francese), sotto la pressione del ministero delle finanze, pretese dei cambiamenti nella gestione della Cinémathèque e licenziò "il dispensatore generoso di poesia e meraviglie" Henri Langlois.
Immediatamente si formò un comitato di difesa, costituito da famosi cineasti e attori francesi. Oltre ai più famosi membri dei Cahiers du Cinéma come Truffaut, Godard, Rohmer e Rivette, erano nel comitato Robert Bresson, André Cayatte, Claude Chabrol, Abel Gance, Pierre Kast, Jean-Pierre Léaud, Jean Marais, Chris Marker, Alain Resnais, Jean Rouch, e molti altri. Si proclamarono una serie di manifestazioni di protesta e Langlois venne infine reintegrato a capo della Cinémathèque il 22 aprile. Un manifesto poi immortalò quella protesta con la scritta "La bellezza scende in piazza".

A 40 anni da quell'episodio il cineclub dedica un ciclo di film che si inseriscono nel solco del cambiamento che investì tutta la società nel corso degli anni sessanta e che avrà il suo culmine nel maggio '68.

Il primo titolo è: "Prima della rivoluzione" di Bertolucci, una riflessione sulla condizione di un intellettuale borghese e marxista che pur essendo razionalmente attratto dalle istanze sociali più progressiste, sente al contempo il richiamo della propria classe sociale nella quale finisce per rinchiudersi per comodità e convenienza.

 

Ultimo tango a Zagarol

Regia: Nando Cicero
Soggetto: Mario Mariani
Sceneggiatura: Marino Onorati
Fotografia: Luciano Trasatti
Montaggio: Alessandro Peticca
Musiche: Ubaldo Continiello, Franco Franchi
Interpreti e personaggi: Franco Franchi (Franco), Martine Beswick (la ragazza),
Nicola Arigliano (Marcello), Franca Valeri (la regista), Gina Rovere (Margherita),
Loredana Mongardini (Maria), Jimmy il fenomeno (cliente dell'albergo a ore)
Produttore: Mario Mariani
Origine: Italia, 1973
Durata: 100'

 

 

Parodia di "Ultimo tango a Parigi" con Franco Franchi (senza Ciccio Ingrassia) che gigioneggia alla Marlon Brando.
E' memorabile la rielaborazione della famosa scena del burro. Un bisogno primario come la fame (di destra?) prende qui il sopravvento sull'uso del burro cerebrale e perversamente sessuale (di sinistra?) del film di Bertolucci, il quale, per sdrammatizzare le polemiche suscitate da tali parodie fra detrattori e sostenitori incalliti, con invidiabile aplomb ha sostenuto: "Non ho mai voluto vedere Ultimo tango a Zagarol, e volete sapere perché? Avevo paura che fosse meglio del mio film".


Il film ha i suoi estimatori anche tra il pubblico "colto". Sia Francis Ford Coppola che Goffredo Fofi affermarono di preferire il film di Cicero all'originale e Robert De Niro, in Italia per le riprese del "Padrino", vide il film e disse di Franchi che «era straordinario».

F.F.S.S.

F.F.S.S. cioè: "... che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?"

Regia: Renzo Arbore
Soggetto: Renzo Arbore, Luciano De Crescenzo
Sceneggiatura: Renzo Arbore, Luciano De Crescenzo, Fabrizio Zampa, Lucio Gaudino, Andrea Ferreri
Fotografia: Renato Tafuri
Montaggio: Anna Napoli
Musiche: Gianni Mazza, Renzo Arbore
Scenografia: Francesco e Franco Vanorio
Costumi: Adriana Spadaro
Interpreti e Personaggi: Renzo Arbore (Onliù Caporetto), Luciano De Crescenzo (se stesso), Pietra Montecorvino (Lucia Canaria), Roberto Benigni (Lo sceicco beige), Andy Luotto (Lo speaker arabo), Isabella Biagini (Madonna Sofia)
Produzione: Emilio Bolles, Eidospoce International, Mario Orfini
Origine: Italia, 1983
Durata: 98'

La vicenda ha inizio a Roma dove Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo, impersonando se stessi, stanno girando senza meta alla ricerca di un'idea per il loro nuovo soggetto da portare sugli schermi. Ad un certo punto, i due si trovano sotto le finestre di Fellini ed ecco volare ai loro piedi, portati da un vento provvidenziale - ma è forse una grazia di San Gennaro? - i fogli di una sceneggiatura del regista, la "Federico Fellini Sud Story" da cui la sigla F.F.S.S. che intitola il film. Adesso Arbore, regista del film nel film, può dare il primo giro di manovella di questa "sud story" in cui si narrano le avventure di un'irsuta ragazzotta napoletana, di professione guardiana di gabinetti, ma con velleità di cantante nel cuore. Arbore si cala nei panni di un suo bècero ma volenteroso manager (Onliù Caporetto) e l'accompagna sù e giù per la Penisola, inseguendo con lei il sogno del successo. Durante il viaggio, la sprovveduta coppia incontra un'Italia dagli stucchevoli luoghi comuni : Napoli è vista come una casbah popolata da arabi: Milano è impraticabile per la coltre di nebbia che l'avvolge e Roma è riassunta in un'osteria dove la gente dello spettacolo s'ingozza in modo ributtante. Finalmente il manager e la sua protetta approdano a San Remo dove, al canto di "Nuie simmo d'o sud", con balli e cori e tra la generale esultanza, il meridione, da loro rappresentato, troverà la sua apoteosi.

La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone

Regia: Pupi Avati
Soggetto: Antonio Avati, Pupi Avati
Sceneggiatura: Antonio Avati, Pupi Avati, Gianni Cavina
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Scenografia: Fiorenzo Senese
Fotografia: Luigi Kuveiller
Musica: Amedeo Tommasi
Interpreti e personaggi: Ugo Tognazzi (Il barone Anteo Pellacani), Paolo Villaggio (Checco Coniglio), Gianni Cavina (Petazzoni, il domestico), Delia Boccardo (la moglie), Alberto Plebani (Il cardinale), Lucio Dalla (Fava, il segantino), Gianfranco Barra (Il brigadiere Caputo)
Produzione: Euro International Films
Nazione: Italia, 1975
Durata: 105'

 

Nella proprieta' dei baroni Pellacani, sorge un enorme fico, sul quale una santa donna aveva partorito e che ha fama di possedere doti miracolose. Il piccolo Anteo, che nel 1936 era salito sull'albreo, vi era invece caduto rimanendo storpio a vita. Una volta adulto e divenuto unico erede delle proprieta' dei Pellacani, Anteo cerca in ogni modo di distruggere l'odiata pianta. Ma un giorno una prostituta salita sull'albero per caso, viene scambiata da Anteo per un'apparizione divina...

Un gustoso aneddoto: in una vecchia intervista, Avati raccontava che, in un primo momento, il ruolo del barone avrebbe dovuto esser interpretato da Paolo Villaggio, il quale lesse il copione, ma poi vi rinunciò (sostanzialmente perché Avati all’epoca «non era nessuno»). In seguito il copione capitò nelle mani di Tognazzi che accettò d’interpretare Anteo Pellacani. Saputolo, Villaggio fece carte false per rientrare nel cast, anche se solamente in un ruolo secondario…