Fino all'ultimo respiro

Titolo originale: À bout de souffle
Regia: Jean-Luc Godard
Soggetto: François Truffaut
Sceneggiatura: Jean-Luc Godard
Interpreti e personaggi: Jean-Paul Belmondo (Michel Poiccard), Jean Seberg (Patrizia Franchini), Daniel Boulanger (Ispettore Vital), Henri-Jacques Huet (Antonio Berruti), Antoine Flachot (Carl Zubert), Claude Mansard (Claudius Mansard), Liliane Davide (Liliane), Jean-Pierre Melville (Parvulesco)
Fotografia: Raoul Coutard
Montaggio: Cecile Decugis, Lila Herman
Musiche: Martial Solal, Wolfgang Amadeus Mozart (Concerto per clarinetto e Orchestra K 622, Sinfonia N. 40 K 550)
Scenografia: Claude Chabrol
Origine: Francia, 1960, B/N
Durata: 89'

A Marsiglia, Michel Poiccard, un giovane delinquente ruba una macchina e uccide l'agente della polizia che lo inseguiva in moto. A Parigi ritrova una giovane americana che vende il "New York Herald Tribune", e gli propone di seguirlo in Italia.

Jean-Luc Godard alla regia, sceneggiatura di François Truffaut e sotto la supervisione di Claude Chabrol: "Fino all’ultimo respiro" (film manifesto della Nouvelle Vague) assume un’importanza capitale per tutto il cinema degli anni Sessanta. Cinepresa liberata dalla sua staticità, dialoghi improvvisati e vissuti sul momento, immediatezza dell'ispirazione, semplicità nella direzione degli attori: questo cinema rappresenta lo sforzo più concreto per liberare quest'arte da tutto l'apparato industriale (finanziario e meccanico che ne soffocava l'ispirazione e la libertà di espressione). Quando Belmondo si volta verso lo spettatore per strizzargli l'occhio, o quando ammicca alle espressioni di Humphrey Bogart, è tutta una generazione e una tradizione e di regole stereotipate che crolla.
Il regista diventava un artista al pari di un pittore, di un musicista, di uno scrittore con la cinepresa al posto della penna, caratterizzato dal rifiuto del divismo, votato ai budget ridotti. Tutto questo è certamente il primo passo verso una nuova libertà: Godard riuscirà a plasmare una nuova forma, abbandonando ogni preoccupazione narrativa e affidandosi totalmente al libero espandersi delle metafore.

François Truffaut: "A bout de souffle ha ottenuto il premio Jean Vigo. L'Atalante termina con una scena in cui Jean Dasté e Dita Parlo si abbracciano su un letto. Quella notte devono senz'altro aver fatto un bambino. Questo bambino è il Belmondo di A bout de souffle".